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Quando si usano piatti monouso ecologici, è naturale chiedersi: piatti biodegradabili dove si buttano davvero? La risposta sembra semplice, ma in realtà c’è molta confusione. Alcuni pensano che vadano sempre nell’umido, altri li gettano nel secco senza troppe domande. La verità è che non tutti i piatti biodegradabili sono uguali.
In questo approfondimento verrà fatta chiarezza sulle differenze tra biodegradabile e compostabile, su come riconoscere i simboli più importanti e sugli errori da evitare nella raccolta differenziata.
Un piccolo gesto, come buttare un piatto nel bidone giusto, può fare la differenza per l’ambiente.
Biodegradabile e compostabile non sono la stessa cosa
Quando si parla di materiali ecologici, spesso si utilizzano i termini biodegradabile e compostabile come se fossero sinonimi. In realtà, esistono differenze importanti tra questi due concetti, e comprenderle aiuta a smaltire correttamente i rifiuti e a ridurre l’impatto ambientale.
Un piatto biodegradabile è fatto di un materiale che può decomporsi naturalmente grazie all’azione di microorganismi, come batteri e funghi, senza lasciare residui tossici nell’ambiente. Il tempo necessario per la sua decomposizione varia a seconda del tipo di materiale: alcuni impiegano pochi mesi, mentre altri possono richiedere anni. Questo fa la differenza se il nostro obiettivo è dove buttarlo correttamente.
I materiali compostabili, invece, non solo si degradano naturalmente, ma lo fanno in tempi più rapidi e in condizioni specifiche, trasformandosi in compost, ovvero un fertilizzante naturale. Affinché un materiale sia definito compostabile, deve rispettare determinati standard, come la norma EN 13432 che stabilisce criteri specifici.
Pensiamo alla gestione delle fosse biologiche, che richiede interventi mirati di disostruzione per evitare problemi alle reti di drenaggio. Allo stesso modo, anche la raccolta dei materiali biodegradabili deve seguire regole precise per non ostacolare il processo di compostaggio e garantire un corretto smaltimento.
Piatti biodegradabili e compostabili: dove si buttano?
Quando si parla di piatti biodegradabili e compostabili, uno dei temi centrali è il corretto smaltimento.
Dove si buttano per rispettare l’ambiente? Capire la differenza tra i due tipi di materiali è fondamentale, proprio come è essenziale capire come trattare rifiuti più complessi, come quelli legati ai servizi ecologici.
Piatti biodegradabili dove si buttano per rispettare l’ambiente?
I piatti biodegradabili vanno buttati nel secco residuo. Questo è il contenitore giusto perché non possono decomporsi correttamente nel compostaggio domestico o industriale, e potrebbero compromettere il processo.
Per esempio, se questi piatti vengono erroneamente gettati nell’umido, rischiano di interferire con il compostaggio e ostacolare il processo di trasformazione dei rifiuti organici in compost.
Riconoscere i piatti biodegradabili è fondamentale. Di solito, questi piatti sono realizzati con materiali come bioplastica, polpa di cellulosa o materie plastiche naturali. Alcuni potrebbero essere etichettati con un simbolo che indica la biodegradabilità, ma non sempre è così.
Per questo, è importante leggere le informazioni riportate sulla confezione o sull’etichetta del prodotto, che spesso specificano se il materiale è biodegradabile o compostabile.
Piatti compostabili dove si buttano per rispettare l’ambiente?
I piatti compostabili, invece, sono progettati per decomporre completamente in compost in tempi brevi, ma solo se trattati correttamente, in impianti di compostaggio industriale. In questo caso, il giusto smaltimento è nell’umido, dove possono essere trasformati in fertilizzante naturale.
Questa distinzione, unita alla corretta gestione dei materiali, aiuta a contribuire a un riciclo sostenibile. In entrambi i casi, la corretta raccolta differenziata gioca un ruolo decisivo per garantire che il processo di smaltimento avvenga nel pieno rispetto dell’ambiente.
Piatti biodegradabili o compostabili: come riconoscere i simboli?
Il simbolo di compostabilità è spesso accompagnato da un logo che rappresenta un cestino con un fiore, o un simbolo con la scritta “compostabile” o “compostable”. Questo indica che il materiale è stato progettato per decomporre completamente e trasformarsi in compost attraverso il processo di compostaggio industriale. Queste stoviglie, una volta usate, devono essere smaltite nell’umido, insieme ai rifiuti organici.
Il simbolo di biodegradabilità, invece, può essere rappresentato con una foglia o una spirale che simboleggiano la decomposizione naturale. I materiali biodegradabili sono quelli che, nel tempo, si degradano grazie all’azione dei microorganismi. È fondamentale non confonderli con quelli compostabili, che sono progettati per decomposizione accelerata in un impianto di compostaggio.
Questi materiali vanno generalmente smaltiti nel secco residuo, poiché non possono essere trattati con l’umido.
Un passo verso un futuro sostenibile
Preferire piatti e stoviglie compostabili rispetto a quelli biodegradabili significa fare un passo importante verso la riduzione dei rifiuti secchi da dicarica, proteggendo l’ambiente senza sacrificare la comodità. Ecco qualche idea:
Sostituire gli imballaggi monouso
Utilizzare fogli di cera d’api riutilizzabili o riciclare materiali plastici già in nostro possesso che possono essere lavati e riutilizzati al posto della pellicola trasparente o optare per contenitori in vetro o acciaio inox per conservare gli alimenti è una scelta più sicura e durevole.
Scegliere bottiglie riutilizzabili
Al posto delle bottiglie di plastica, è consigliato l’uso di bottiglie in vetro o caraffe filtranti. In questo modo, si riduce l’acquisto di acqua in plastica, favorendo un consumo consapevole e riducendo i rifiuti.
Fare la spesa in modo responsabile
Portare con sé sacchetti di tessuto per frutta e verdura e contenitori riutilizzabili per alimenti sfusi aiuta a limitare l’uso della plastica. Scegliere mercati locali e produttori che evitano l’uso di imballaggi di plastica è un altro passo importante verso una spesa più ecologica.